Alterano la comunicazione fra aree diverse e la percezione del corpo
Le tracce dell’anoressia sono presenti nel cervello di chi ne soffre fin dalle sue fasi più precoci e per la prima volta queste alterazioni sono state viste. La scoperta, pubblicata sulla rivista Psychiatry research Neuroimaging, si deve al gruppo di ricerca italiano coordinato da Santino Gaudio, attualmente visiting reasercher presso il dipartimento di Neuroscienze dell’università svedese di Uppsala University. Lo studio è stato condotto a Roma, presso il centro clinico per i disturbi alimentari “La cura del girasole” Onlus, l’unità di ricerca di diagnostica per immagini dell’Università Campus Bio-Medico e e il laboratorio di neuroimmagini del dipartimento di Fisiologia e farmacologia dell’università Sapienza di Roma.
I ricercatori hanno visto che la malattia infatti altera le strutture che mettono in comunicazione le aree del cervello coinvolte nel controllo cognitivo e nella percezione dell’immagine del proprio corpo. La scoperta spiega il perché le persone anoressiche pensano in modo continuo al loro aspetto fisico, che percepiscono in modo distorto.
Le alterazioni osservate nel cervello dai ricercatoti italiani compaiono nei fasci di sostanza bianca, che mettono in comunicazione le aree del cervello del controllo cognitivo e della percezione dell’immagine del corpo. Utilizzando una nuova tecnica di Risonanza magnetica, i ricercatori hanno osservato la sostanza bianca di 14 adolescenti malate da meno di 6 mesi, confrontandola con quella di 15 coetanee sane.
“Abbiamo così osservato delle alterazioni nei fasci già in queste primissime fasi dell’anoressia”, ha detto Gaudio. “Ciò spiega – ha aggiunto – perché le pazienti pensano in modo ossessivo al cibo che assumono e al proprio corpo, del quale hanno un’immagine distorta. Sono infatti incapaci di percepire le loro dimensioni reali e la gravità del loro stato di denutrizione”.
La scoperta, ha aggiunto il ricercatore, “offre un nuovo contributo alla comprensione delle cause dell’anoressia nervosa e apre la strada allo sviluppo di nuove e più efficaci strategie terapeutiche focalizzate, fin dalle fase precoci della malattia, al miglioramento della flessibilità del pensiero e all’alterata percezione delle proprie forme corporee”.