Gli sbalzi glicemici e in particolare un eccesso di zucchero nel sangue nei diabetici (quando la malattia non è ben controllata) possono danneggiare lo strato di grasso protettivo che riveste il cuore, favorendo le complicanze cardiovascolari che rappresentano la prima causa di morte nei pazienti con diabete mellito: sono infatti alla base del 65% dei decessi nei diabetici.
Il grasso ‘epicardico’ partecipa al funzionamento cardiaco regolando l’afflusso di grassi e inviando segnali importanti per il funzionamento del tessuto cardiaco e vascolare. Inoltre contiene cellule staminali, preziose per i processi riparativi cardiaci.
Si è visto che se il paziente va incontro a picchi glicemici, il grasso epicardico diviene meno efficiente e invecchia precocemente, meccanismo che può contribuire a spiegare la peggiore prognosi cardiovascolare tipica delle persone con diabete.
L’iperglicemia influenza lo stato strutturale e metabolico del tessuto adiposo epicardico, cosa a cui corrisponde una peggiore prognosi delle patologie cardiovascolari.
Oggi la misurazione dello spessore del grasso epicardico rappresenta un parametro da considerare nella valutazione del rischio cardiovascolare. L’identificazione di specifiche molecole prodotte dalle cellule adipose localmente potrebbe essere di enorme supporto sia per la prognosi che per la messa a punto di strategie terapeutiche innovative.