È una figura fondamentale in ospedale, ma anche in ambulatorio. Per questo sempre più medici di base inviano i pazienti dal medico internista per un consulto, per approfondire una diagnosi e avere una visione del paziente a 360 gradi
Con l’avvento di figure sempre più specialistiche (l’epatologo, il nefrologo, il ginecologo) si perde talvolta la visione d’insieme di una malattia, che non va riferita soltanto a un organo, ma vista come espressione di un’alterazione funzionale a carico di tutto l’organismo. O come la conseguenza di altre patologie, traumi o terapie pregresse
Grazie al suo approccio olistico, che tiene conto sia di tutti gli aspetti della malattia (esami, sintomi, risposta ai farmaci, allergie, presenza di comorbilità) sia della storia personale e familiare del paziente, l’internista riesce a superare la visione frammentaria di molti medici e ricomporre il delicato puzzle all’origine
Ma l’internista non è solo il “direttore d’orchestra” di un team, la sua esperienza e professionalità possono rivelarsi utili in caso di diagnosi dubbie o di scelte terapeutiche in pazienti anziani, che assumono già diversi farmaci.
Accade spesso che il medico di base prescriva la consulenza di un internista, qualora non riesca a inquadrare bene un problema. Per esempio, se si trova di fronte a un’infezione della quale non riesce a risalire alla causa o a un paziente diabetico che ha anche problematiche cardiovascolari. Lo scopo? Acquisire un punto di vista globale sul da farsi.
Fonte:
https://www.starbene.it/salute/problemi-soluzioni/medico-internista-chi-e-cosa-fa-quando-serve/